Nel 2018 Andrea Clarici ha curato per Raffaello Cortina l’edizione di una raccolta di scritti di Mark Solms, fondatore nel 2001 insieme a Jaak Panksepp e ad altri neuroscienziati e psicoanalisti di The Neuropsychoanalysis Association (NPSa) e della rivista “Neuropsychoanalysis”; significativa appare la sua recente nomina a Chair dell’International Psychoanalytic Association Research Commitee.

Mark Solms, psicoanalista e neuroscienziato, è docente di Neuropsicologia presso l’Università di Città del Capo. Le sue doti di ricercatore e le sue capacità di comunicare hanno contribuito a migliorare la comprensione e il dialogo fra neuroscienze e psicoanalisi; due discipline fondate su presupposti epistemologici e metodologici molto diversi, che hanno passato un lungo periodo di diffidenza reciproca e di contrapposizione, ma che sembrano inevitabilmente spinte ad un dialogo dallo sviluppo dei rispettivi modelli, dall’approfondimento delle conoscenze dei rispettivi campi di indagine e dal condividere in definitiva lo stesso oggetto di studio che, in funzione del punto di vista, ci appare di diversa natura.

Il libro presenta una raccolta di scritti e di lavori pubblicati e/o presentati in congressi internazionali in un arco di tempo che va dal 1996 al 2015, il periodo nel quale si è sviluppato l’approccio neuropsicanalitico. La successione dei capitoli non risponde ad un ordine cronologico, ma ad uno sviluppo per temi.

Nei diversi scritti è possibile riconoscere due fondamentali intenti comunicativi di Solms nel rivolgersi a psicoanalisti, a neuroscienziati, e ai numerosi studiosi che aderiscono alle idee della neuropsicoanalisi:
1. In primo luogo la tensione argomentativa cambia, appunto, in funzione degli interlocutori del momento e del contesto: in molti brani ad esempio prevale l’impegno di definire le basi filosofiche, l’ontologia e le epistemologie della psicoanalisi e delle neuroscienze che generano differenti “oggetti di conoscenza”, modelli e metodi di studio e di ricerca diversi; sono queste diversità, dice Solms, alla base dell’ardua questione della relazione mente-corpo, sistema nervoso-apparato mentale.
Nelle relazioni presentate in occasione di convegni e congressi, prevale invece l’intento di promuovere il dialogo fra psicoanalisti e neuroscienziati, anche marcando opposizioni e differenze non riducibili, per accreditare in primis la necessità di una interazione collaborativa fra le due discipline. È questa la base sulla quale Solms si impegna a giustificare e dare valore alla neuropsicoanalisi che non è e non deve essere una nuova disciplina, ma un campo di ricerca e di pratica clinica, terreno di incontro e di scambio dei due mondi scientifico-culturali che, ribadisce l’Autore, sono e devono rimanere distinti, anche se non separati.

2. La seconda osservazione riguarda il ripetersi, quasi in ogni scritto, delle premesse teoriche che riguardano sia i fondamenti ontologici, sia i problemi epistemologici insiti nello studio dell’apparato mentale e del sistema nervoso. Queste premesse sono la fonte delle argomentazioni neuropsicoanalitiche e hanno orientato intere correnti di studi e di ricerca sia nelle neuroscienze che in psicoanalisi, favorendo di fatto significative convergenze e integrazioni: le scoperte sui diversi tipi di memoria (Mancia, 2006; Solms, Turnbull, 2004), la distinzione tra aspetti impliciti ed espliciti (Mancia, 2007; Merciai, Cannella, 2009), gli effetti del trauma e quelli della psicoterapia (LeDoux, 2002; Merciai, Cannella, 2009); i modelli elaborati da Georg Northoff sul Sé (Northoff, 2006) e sui disordini dell’esperienza del tempo.
La riflessione sul metodo è forse uno dei maggiori meriti di Solms. I riferimenti alla filosofia di Kant e di Spinoza sono gli stessi di Freud, rielaborati alla luce della crisi irreversibile del neopositivismo. Partendo da una posizione da lui definita “realismo debole”, Solms sostiene la necessità di considerare l’esistenza di una unica realtà esterna; citando Freud egli dice che “mente e cervello sono la stessa parte della natura”, una realtà unica di per sé inconoscibile che esiste nel mondo.

Questa realtà però appare alla nostra percezione sotto due forme diverse:
Se la osserviamo attraverso le percezioni del nostro apparato sensoriale vediamo una realtà materiale, un “oggetto concreto nel mondo esterno”; un cervello, un sistema nervoso con i suoi neuroni, sinapsi, molecole biochimiche, impulsi elettrici; una attività cerebrale che può essere studiata con metodi oggettivi, ma non per questo certi e infallibili.
Se invece assumiamo la modalità percettiva che consiste nell’esperienza soggettiva che facciamo dei nostri pensieri, delle nostre sensazioni ed emozioni, attraverso l’introspezione, l’oggetto che si presenta alla nostra attenzione è una mente, e possiamo cominciare a fare inferenze sul suo funzionamento, immaginare un apparato mentale. La mente, il suo funzionamento, la soggettività dell’esperienza, non sono direttamente indagabili attraverso percezioni oggettive, non possono prescindere dalla soggettività, “cosa si prova ad essere il cervello e il corpo che sono …”.

Solms sostiene che bisogna cercare di “osservare il mondo da due prospettive contemporaneamente”, attraverso una visione “binoculare” che permetta di cogliere due aspetti della stessa realtà; “… un monismo dal duplice aspetto percettivo …”. Georg Northoff, parla dell’esigenza di trovare un “collegamento concetto-fatto …” (Northoff, 2010).

Porre l’esperienza soggettiva al centro dell’indagine sui fenomeni mentali costituisce da un lato un cambiamento radicale di paradigma per le neuroscienze cognitive che si aprono all’indagine delle emozioni, della vita affettiva e degli aspetti motivazionali della psiche umana; dagli anni ’90 del secolo scorso si parla appunto di neuroscienze affettive. Da un altro punto di vista indagare la soggettività crea un terreno di dialogo con la psicoanalisi che fonda le sue teorie e i suoi modelli proprio sulla soggettività dell’esperienza, condivisibile attraverso la parola e l’ampia gamma di comunicazioni implicite e non verbali sulle quali si fonda l’empatia. Si pensi all’importanza della sincronizzazione madre-bambino studiata fino dagli anni ‘80 da Stern e Tronik.

In più occasioni Mark Solms sostiene che la neuropsicoanalisi non è una nuova disciplina nella quale confluiscano i saperi di neuroscienze e psicoanalisi, ma un terreno di incontro, di confronto e di scambio di saperi: “la psicoanalisi e le neuroscienze sono e continueranno ad essere due discipline intrinsecamente differenti … che impiegano metodi diversi per studiare due aspetti complementari della mente umana, l’aspetto soggettivo e quello oggettivo, nessuno dei quali è riducibile all’altro o più reale dell’altro”. (p.87) Con queste parole Solms sembra scongiurare qualsiasi forma di riduzionismo dei fenomeni osservati sia in un senso che nell’altro.

Per quanto riguarda più dettagliatamente i contenuti del libro, Andrea Clerici ha suddiviso i vari scritti in tre parti:
– Una prima parte che tratta dei fondamenti della neuropsicoanalisi
– Una seconda parte nella quale vengono trattate le controversie in neuropsicoanalisi
– Una terza parte dedicata ai lavori teorici che affrontano il modo di considerare l’inconscio della neuropsicoanalisi.

Nell’articolo: “Che cos’è la neuropsicoanalisi” pubblicato nel 2015 l’Autore ripercorre insieme a Oliver Turnbull le vicende che hanno portato alla nascita di questo approccio e ne delinea i fondamenti storici, partendo dal legame fra funzione e struttura, evidenziato dallo stesso Freud, i fondamenti filosofici che partono da un “Monismo dal duplice aspetto percettivo”, e quelli empirici.
Segue una lettura presentata nel 2007 ad un Forum internazionale “Che cosa è una mente? Un approccio neuropsicoanalitico”, nel quale vengono messi a confronto i principi sui quali si basa il modello psicoanalitico della mente. Il presupposto del modello psicoanalitico è che la maggior parte dell’attività mentale sia inconscia, come affermava Freud dicendo che la vita mentale è per sua natura inconscia. È questo l’oggetto del lavoro psicoanalitico. Nelle parole di Solms: “… noi non crediamo che la mente sia mentale di per se stessa (in senso kantiano); crediamo invece che l’universo soggettivo … sia una prospettiva osservazionale della mente, non la mente stessa. La soggettività (la prospettiva introspettiva) è una mera percezione. La mente stessa è rappresentata dalla percezione introspettiva (p.30).

La prima parte si conclude col capitolo di un libro del 2004 dal titolo “Il cervello è più reale della mente?”. Si tratta di un vero e proprio attacco al riduzionismo adottato anche da una parte della psichiatria che considera i sintomi psicologici “derivati” delle condizioni organiche e quindi “secondari”. Le argomentazioni sono corredate da interessanti casi clinici di pazienti con lesioni organiche cerebrali. Una delle affermazioni chiave è che: “Gli stati mentali e fisici rappresentano due aspetti della realtà irriducibili gli uni agli altri”.

La seconda parte, sulle controversie in neuropsicoanalisi, raccoglie cinque scritti.
I primi due “Contro la neuropsicoanalisi” e “In difesa della neuropsicoanalisi”, riassumono gli argomenti salienti del dibattito pro e contro l’utilità di una interazione fra neuroscienze e psicoanalisi. Alle critiche di Rachel B. Blass e di Zvi Carmeli vengono date risposte da Mark Solms, Yoram Yovell e Aikaterini Fotopoulou. Le argomentazioni a favore poggiano essenzialmente su alcuni punti chiave:

a. La crisi del funzionalismo e della metafora hardware-software, fuorviante nel comprendere la relazione mente-cervello.
b. Il fatto che qualsiasi teoria psicoanalitica non può che essere ontologicamente limitata dalle basi biologiche della mente.
c. Il nodo ancora non sciolto della tensione fra il regno dell’oggettivo e del soggettivo.
d. La natura del tutto convenzionale di una distinzione fra “biologico” e “psicologico”, “funzionale” e “organico”. Soggetti psicologicamente integri o con problemi psicologici possono avere alterazioni neurologiche. Dice Solms: “E’ innegabile che il cervello plasma i significati e i significati plasmano il cervello”, è noto ad esempio che l’anticipazione dell’analgesia da oppiacei induce modificazioni nella percezione del dolore simili a quelle indotte dal farmaco; ma, in definitiva, anche la comunicazione verbale, simbolica, e le modalità implicite di comunicazione, inducono modifiche strutturali e funzionali nel sistema nervo centrale.
Seguono altri due lavori che esprimono rispettivamente una critica e una difesa della teoria freudiana del sogno: “Inattualità della teoria freudiana del sogno” che John Allan Hobson presenta nel 2006 alla Conferenza “Toward a Science of Consciousness”, al quale fa seguito la risposta di Mark Solms nello stesso contesto “Attualità della teoria freudiana del sogno”.

Le argomentazioni neuroscientifiche contro la teoria freudiana del sogno vengono controbattute partendo da una analisi accurata di quello che Freud dice effettivamente sul sogno. Le stesse argomentazioni sono poi messe a confronto con una rilettura approfondita dei dati delle ricerche più recenti delle neuroscienze, che in effetti sono in sintonia con molte delle idee di Freud sul sogno. Di particolare interesse sono anche i legami messi in luce fra sogno e allucinazione, fenomeni correlati dalle significative assonanze del funzionamento simultaneo delle aree cerebrali e dei sistemi di mediatori neurochimici coinvolti nei due processi. In particolare leggiamo che: “I sogni sono promossi, ma non causati, dall’attivazione del tronco encefalico” e che le condizioni perché si verifichi il sogno sono simili a quelle che si riscontrano nelle esperienze allucinatorie e allucinosiche: una intensa attivazione dei meccanismi prosencefalici profondi legati alle emozioni; una inibizione della corteccia prefrontale dorso laterale, deputata al controllo; la disattivazione del sistema motorio e la concomitante iperattivazione del sistema percettivo posteriore.

Nell’ultimo capitolo della seconda parte “Sogni e psicosi. Un’ipotesi neuropsicoanalitica” Solms presenta una idea interessante sui legami fra sogno e psicosi. La premessa sta nella ridefinizione delle caratteristiche della percezione, non una semplice ricezione ed elaborazione degli stimoli che provengono dall’esterno, ma una attività “costruttivi” del cervello il quale funzionando come organo “predittivo”, proietta le sue anticipazioni e aspettative anche sulle percezioni sensoriali elementari.

La terza parte del libro, sull’inconscio in psicoanalisi, raccoglie i maggiori contributi teorici all’approfondimento, alla riflessione e in certi casi alla ridefinizione di alcuni argomenti centrali per la psicoanalisi e per le neuroscienze. Sono tutti lavori di Mark Solms che si succedono dal 1996 al 2015 e marcano l’evoluzione del suo pensiero, fortemente intrecciato e influenzato dalle idee e in certi casi dalla collaborazione con alcuni fra i maggiori neuroscienziati del nostro tempo, fra i quali Gerald Edelmann, Antonio Damasio, Jaak Panksepp, Georg Northoff.

I due lavori “L’inconscio in neuropsicoanalisi” e “Verso un’anatomia dell’inconscio” riassumono uno dei contributi più originali di Solms ad un modello della mente che partendo dalle idee di Freud tenga conto delle conoscenze neurologiche acquisite negli ultimi cento anni sul funzionamento del sistema nervoso centrale. Freud in “L’interpretazione dei sogni” (1899) dice: “L’inconscio è lo psichico reale nel vero senso della parola” e Solms argomenta che l’attività mentale tende a farsi automatica, implicita, e a non richiamare la coscienza se non in particolari condizioni. La coscienza però oltre a differenti gradi quantitativi si differenzia anche per stati qualitativi eterogenei. Esiste una “coscienza nucleare”, come la definisce Damasio (2010) all’origine del “proto-Sé”, implicita, non verbale, generata da zone molto antiche del tronco encefalico, comuni a tutti i mammiferi, le cui qualità sono prevalentemente affettive, la «proto-coscienza affettiva» per Solms e Panksepp (2012).

Ne consegue un ribaltamento topografico del modello freudiano nel quale la maggior parte delle funzioni inconsce è corticale; la coscienza è una proprietà stratificata nell’organizzazione del SNC, come nella filogenesi, dal basso verso l’alto in modo gerarchico e con crescenti gradi di astrazione fino alla coscienza autobiografica o autonoetica; ogni strato poggia su quello sottostante e danni ai livelli più bassi provoca una scomparse totale di coscienza, mentre lesioni alte, fino alle forme congenite di anencefalia, permettono il sussistere di forme di coscienza più profonde di qualità eminentemente affettiva.
Seguono ancora lavori di grande importanza teorica sulle fantasie inconsce “Esistono veramente le fantasie inconsce?”; la memoria “Il ruolo della memoria in psicoanalisi”; gli affetti “Un contributo psicoanalitico alle neuroscienze affettive”; la rimozione “Che cos’è la rimozione”; la coscienza “La coscienza dell’Es”.

È impossibile riassumere in questa presentazione l’originalità e l’articolazione delle riflessioni su questi temi cardine della psicoanalisi. Mark Solms ci offre un serio e rigoroso tentativo di trovare i nessi possibili fra alcune delle più importanti intuizioni di Freud e le più recenti acquisizioni delle neuroscienze. La lettura di questi scritti copre ormai venti anni di lavoro clinico e teorico di molti psicoanalisti e neuroscienziati e propone modelli originali e stimolanti che arricchiscono gli strumenti di riflessione e di indagine di tutti coloro che da diverse prospettive si confrontano col funzionamento e con i problemi della mente umana.

Gianfranco Buonfiglio

BIBLIOGRAFIA

  • Damasio, A. (2010), Il Sé viene alla mente. La costruzione del cervello cosciente. Tr. It., Adelphi, Milano, 2012.
  • Edelmann, G.M., Tononi, G.A. (2001), Consciousness: How Matter Becomes Imagination. Penguin Books, Limited (UK), ed. It., Un universo di coscienza. Come la materia diventa immaginazione. Einaudi, Torino, 2000.
  • Freud, S., (1899), L’interpretazione dei sogni. Ed. it. in Opere, Boringhieri, Torino, 1967-1980.
  • LeDoux, J. (2002), Il sé implicito. Come il nostro cervello ci fa diventare quello che siamo. Raffaello Cortina, Milano, 2002
  • Mancia, M. (2006), Sonno & sogno. Laterza, Bari.
  • Mancia, M. , a cura di (2007) Psicoanalisi e neuroscienze. Springer Verlag, Milano.
  • Merciai, A., Cannella, B., (2009), La psicoanalisi nelle terre di confine. Tra psiche e cervello. Raffaello Cortina, Milano, 2009.
  • Northoff, G. (2006), Principles of neuronal integration and defence mechanisms; Neuropsychoanalysis hypothesis, in “Neuropsychoanalysis”, 8, pp. 69-84.
    Northoff, G. (2010), Neurofilosofia: introduzione al concetto di neurofilosofia. “Bollettino Filosofico”, 26, pp. 278-297.
  • Panksepp, J., Biven L. (2012), Archeologia della mente. Origini neuroevolutive delle emozioni. Raffaello Cortina, Milano 2014.
  • Solms, M., Turnbull, O., (2004) Il cervello e il mondo interno. Raffaello Cortina editore, Milano, 2004.

L’efficacia della psicoterapia psicoanalitica nei contesti di cura.
Dialogo degli psicoanalisti con i Tecnici, i Politici e i Rappresentanti delle Istituzioni sul ruolo della psicoterapia nella prevenzione e nella presa in carico della sofferenza mentale

La federazione SIEFPP è nell’elenco delle Associazioni Scientifiche accreditate dal Ministero della Salute (decreto Gelli, 2017) e ha partecipato alla consultazione pubblica sullo Spettro autistico.

L’acronimo SIEFPP indica Soci Italiani dell’European Federation for Psychoanalytic Psychotarapy (in the public sector). E’ il network italiano della Federazione Europea EFPP, fondata nel 1992 a Londra, con l’obiettivo di potenziare l’attività professionale psicoterapica nel Settore Pubblico ( in Italia, allora già all’avanguardia rispetto ad altri paesi, era in vigore la legge Ossicini che definiva un Ordine professionale, un elenco degli Psicoterapeuti dotati dei giusti requisiti, e una legislazione organica in materia di esercizio della Psicoterapia. La legge Basaglia aveva già consentito la introduzione dellp Psicologo – Psicoterapeuta nelle piante organiche del SSN, nato quaranta anni fa).

La Federazione SIEFPP annovera mille soci psicoterapeuti di formazione psicoanalitica e operanti in quasi tutte le regioni italiane. E’ attualmente composta da quindici Scuole di Specializzazione che abilitano all’esercizio della Psicoterapia Psicoanalitica. Sono garantiti alti livelli di standard formativi ( senza i quali non si entra a far parte della Federazione). Gli standard sono stati stabiliti dalla Federazione Europea EFPP – di cui SIEFPP e’ il Network italiano -, che a sua volta annovera ventisette paesi europei e più di sedicimila iscritti. Nel training formativo e’ richiesta l’analisi personale e un monte ore obbligatorio di addestramento personalizzato alla clinica, a cura di docenti supervisori : l’esercizio della professione infatti non nasce solo dai libri e dalla buona conoscenza della teoria ma e’ trasmesso in un lungo apprendistato, curato in profondità da un professionista docente esperto, per fronteggiare solidamente l’impatto con le patologie piu’ gravi. In tale prospettiva formativa dovrebbe mantenersi anche l’ aggiornamento permanente delle équipes multidisciplinari del Settore Pubblico che sono esposte quotidianamente all’impatto della gravità e della emergenza psicologica, ma che devono conservare in ogni situazione clinica la giusta vicinanza e la giusta professionalità con la sofferenza mentale.

Molti nostri soci sono operativi nel Settore Pubblico, e mettono la propria rigorosa formazione psicoanalitica al servizio dei molteplici bisogni di cura sulla base di una formazione che addestra a tecniche diversificate e dunque alla “sartorialità” rispetto alle necessità dei pazienti. La SIEFPP e’ scandita appositamente in quattro Sezioni, di pari profondità teorico-clinica ma distinte dalla specificità del corso quadriennale seguìto e del diploma rilasciato dalla singola Scuola. La suddivisione in Sezioni privilegia sia il criterio della fascia di età in cui ci si specializza ( età evolutiva, adolescenza, adulti…) sia gli strumenti tecnici i con cui si esercita la professione: psicoterapia individuale, di Gruppo, di Coppia (genitoriale o coniugale), psicoterapia della famiglia…
Tutte le Sezioni partono da un accurato addestramento alla osservazione e all’ascolto psicoanalitico che valorizza l’empatia ma governa contemporaneamente i bisogni di cura di ciascuno, accogliendolo nella sua unicità.
I relatori che rappresentano SIEFPP nella giornata dedicata alla Efficacia della Psicoterapia Psicoanalitica sono legati ciascuno ad una area: Luisa carbone Tirelli e Diomira Petrelli per Infanzia e Adolescenza, Gemma Trapanese per Coppia e Famiglia, Marcello Turno per la fascia Adulti…

Le molteplici tecniche consentono, rispetto alla domanda di aiuto rivolta al Settore Pubblico – famiglie mono o omogenitoriali, adozioni, seconda generazione di immigrati, vittime di cyberbullismo e altro abuso, abbandono scolastico, dipendenza da Internet, Anoressia e Bulimia, ecc. – di muoversi secondo i bisogni delle persone che cercano ascolto alla propria sofferenza, grazie ad un ventaglio ampio e duttile di strumenti che va a vantaggio non solo della efficienza dei servizi – un trattamento di gruppo impegna lo specialista con dieci pazienti in contemporanea – ma anche della efficacia trasformativa dei trattamenti erogati ( Ricerca) con un esito di economicità della spesa. Efficienza ed efficacia dunque, a partire dai livelli essenziali di assistenza, come l’inquadramento diagnostico e la valutazione dei bisogni.

Accogliere con tempestività, Ascoltare in chiave psicoanalitica, empatica, umana e a livelli di giusta profondità. Andare quindi oltre le sole parole dette, i soli fatti narrati e comprendere la vera domanda di aiuto clinico. Infine: Restituire una corretta e comprensibile valutazione dei bisogni di cura e consentire al paziente di arrivare senza tentativi fallimentari a un piano terapeutico personalizzato, da realizzare dentro o fuori il Servizio pubblico, secondo i casi, ma che risponda sempre e con competenza alla effettiva necessità di cura.

Maria Antonietta Fenu

Le nuove forme del malessere la la terapia psicoanalitica.

La sala grande del Convento di san Domenico (1228 ), a Bologna, fu commissionata dal Giurista Ludovico Bolognini nel 1497: attualmente l’ambiente e’ adibito a biblioteca e sala convegni, con ben quattrocento posti a sedere da cui si ammira, al di sopra del tavolo relatori, uno splendido soffitto a cassettoni, raffinati stucchi barocchi e un dipinto raffigurante l’ estasi di San Tommaso, opera di magistrale classicismo eseguita da Marcantonio Franceschini.

Questa sala è solo una piccola parte del suggestivo complesso architettonico – per l’occasione avvolto anche da un turbinio di fiocchi di neve – in cui si e’ svolto, il 24 e 25 febbraio, il Convegno scientifico dal titolo: Le nuove forme del malessere e la Psicoterapia Psicoanalitica.

L’evento costituiva il convegno annuale – di volta in volta organizzato in una città italiana diversa – , a cura della Federazione di quindici scuole italiane di specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica, – con mille professionisti iscritti – , denominata SIEFPP ( Soci Italiani della European Federation for Psychoanalytic Psychoterapy ).

La Federazione è nata a Roma nel 1992, come Network italiano della EFPP, (European Federation for the Psychoanalytic Psychoterapy in The Public Sector), e celebrava il venticinquennale dalla fondazione.

La EFPP, la Federazione europea, nata a sua volta a Londra nel 1990, e’ l’unica Federazione mondiale di scuole di Psicoterapia Psicoanalitica, garantisce i migliori standard formativi, rilascia un diploma europeo ed e’ stata fondata da dodici paesi. l ’Italia in tale operazione pionieristica, ebbe un ruolo incisivo.